mercoledì 29 giugno 2011

il colpo di grazia

“Mi hanno detto che nessuno di loro è rimasto in classe, dei miei ragazzi”, diceva commossa alle colleghe che erano venute a darle il conforto delle condoglianze, di un abbraccio amichevole, quando era riapparsa in sala insegnanti, passati pochi giorni dalle esequie del fratello. In realtà nessuna di loro aveva voluto disilluderla, dicendole che erano stati veduti in piccoli gruppi addentrarsi nei bar tra la scuola e le camere ardenti del vicino ospedale, approfittando della concomitanza del funerale con le ore di lezione, per stare fuori di scuola durante tutta la mattinata.
E non erano passati che alcuni giorni, che già avevano ripreso a farsene beffe, dileggiandone lo stesso lutto.
Due di loro le avevano inviato un post sul sito di facebook, con taggati lei ed il fratello in una bara.
E una volta che le era sfuggito di dire amaramente a un‘altra insegnante, all’uscita dalla sala insegnanti, con tono duro ed aspro, “ le prostitute fanno ben poca fatica a precedere certe mie studentesse nel regno dei cieli, talmente sono volgari nell’infierire sui miei sentimenti , “ quando si sarebbe attesa che avessero rispetto almeno come donne per la sua sofferenza, di donna che solo nel fratello aveva trovato un uomo che fosse l’amore nella sua vita, e d invece ancor più di prima rumoreggiavano in classe, non le era stato perdonato, ed aveva dovuto risponderne con una sanzione durissima.
Era così, da anni, che procedeva per lei l’insegnamento, in quello ed in altri Istituti.
Procedeva un tempo, con il fare note, ammonizioni, poi aveva capito che per i colleghi e l’autorità era lei il vero problema, il solo problema, che per questa stessa ragione non avevano peso e rilievo, d‘intervento, le situazioni adolescenziali e le insorgenze critiche, nelle dinamiche della vita di classe, di cui la sua vulnerabilità umana si faceva rilevatrice, aveva inteso dolentemente che le sue note non avevano credibilità alcuna, che come le aveva detto una sua dirigente, in realtà erano note che infliggeva a se stessa, ed aveva smesso di sanzionare alcunchè, aveva compreso, e cercato di accettare, che le restava soltanto il subire e l’affliggersi, di essere, cristianamente, il sacrificio perenne di una vittima immolata, l’avviarsi ogni mattina verso le sue classi come un agnello al macello, il subire pur anche, che studenti che nemmeno erano suoi, scambiando la sua avvenenza sensuale per dissolutezza accessibile, le dicessero parolacce non appena nei corridoi erano alle sue spalle, o dal vano di qualche finestra di qualche classe al piano superiore, da cui si ritiravano come girava in su lo sguardo, senza che nessuno degli altri insegnanti, che pure la stimavano e le volevano bene, che sapevano e sentivano tutto, intervenissero minimamente. in sua difesa
Eppure gli studenti che più abusavano di tutti i riguardi che aveva nei loro confronti, approfittando del suo farsi scrupolo di tutto, più di quanto intendessero avvalersi della sua cultura, del suo mettere in discussione che potesse essere vero anche ciò che vedeva e sentiva, incapace di accettare che potessero spingersi a tanto, erano gli stessi che con lei soltanto si confidavano, che lei soltanto avevano in amicizia, salutavano all uscita dalla scuola quando lei non si era nemmeno avveduta del loro passaggio, come era accaduto con quelle due studentesse che le avevano lanciato un richiamo di passaggio , mentre si stava allontanando a causa loro dal centro psicologico sociale dove a causa loro l’avevano in cura.
“ Dove va, profe” le avevano chieste nel dileguarsi con allegria
“ Vengo da dove mi avete fatto finire, avrebbe voluto dire loro, se le fosse stato possibile.
Finchè non era pervenuta in quella scuola, dove si era illusa che la formazione umanistica che vi si impartiva le evitassero attriti e tensioni e con le sue allieve, e dunque di potersi esprimere e donare nel suo essere umano, nel farsi intendere da loro nella sua parola, nel farsi accogliere, in essa, per quanto riusciva a porsi in loro ascolto. Ma il loro volersi fare ascoltare senza stare neanche ad udirla, quando lei faticava anche a sentirne le parole, per il loro rumoreggiare, il volere imporre le regole preliminari del rispetto e del‘altrui ascolto, come condizioni del loro rapporto, aveva di nuovo precipitato le cose negli stessi esiti tristi, lei ad avercela con loro, supponendo che con lei si consentissero ciò che con gli altri non osavano compiere, le altre istanze della scuola a sopportare e ad alleviare il danno che costituiva per il prestigio dell'Istituto, che lei non sapesse farsi valere e imporre il rispetto dovuto a un adulto, sicchè era venuta a ritrovarsi tra il loro incudine e il martello della dirigenza, nella fucina accaldata dalle rimostranze delle famiglie, nello stato di cose per cui , non più credibile , sfiduciata umanamente, e professionalmente, era tenuta a doverli affrontare senza nemmeno più la dissuasione dei brutti voti, che se inflitti da lei, avrebbe reso insostenibile la sua permanenza ulteriore, indotto a una sua rimozione, prefigurando come un approdo irraggiungibile il suo pensionamento in capo a qualche anno. senza che avesse più nemmeno diritto di replica e di difesa presso la dirigente, perché anche ogni suo accenno di giustificazione era per lei a priori vittimismo.

Indifendibile, comunque la attacchino.

“ Devo dimenticarmi di essere vero uomo e non vero Dio, quando in classe tornano a crocifiggermi per pura malizia...” è la giaculatoria che si ripete al rientro tra loro, dopo la lunga supplenza cui è stata. costretta o “ spinta”, come si è mormorato

“ Se solo sapessero, loro che si prendono gioco, come ho in avversione anche il solo fatto che esistano,, come mi disgusta tutto del loro essere.giovani...Mio Dio, pietà di me, dello scempio che faccio...”

Esse seguitano a parlare, volgendo lo sguardo sorprese che le disturbi nel loro chiacchierio per fare lezione.

Oh , ma se solo alzasse la voce con sdegno, se solo desse voce alla collera che le sale di dentro, le si accanirebbero contro, come sia uscita la denuncererebbero alla dirigente perchè ce l'ha con loro,...

Dunque ripete l'invito-ordine con calma, col fare remissivo di chi è soccombente in quel che richieda.

“ Forse un'insegnante ebrea viveva così, torna a ripetersi, la sua sottomissione alle brave ragazze ariane delle scuole del Reich”.

Certo, se le vede così, almeno non si esaspera sino a soffrirne tanto. Ritrova la dolcezza che serve. Riesce a rispettarle come richiede l'insegnamento.

“Pensa, che hanno in canna il colpo di grazia che può finirti”.

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