domenica 28 settembre 2008

Io professore


28 settembre 2008



Sul diario controllo l'orario di domani, lunedi. Le classi con le quali ho lezione non dovrebbero pormi problemi. Sono più temibili le due terze di martedi . Le formano per lo più miei ex-studenti , ed ex-studentesse, che già mi conoscono. Nella terza B già il primo giorno, come sono entrato in classe, mi hanno provocato inscenando un ' autentica aggressione - interventi di disturbo a ruota libera, domande imbarazzanti per intimidirmi.
"Ha già corretto i nostri Compiti delle Vacanze pasquali dell 'anno corso?"
Finora sono riuscito ad imporre la mia personalità nelle nuove classi, nelle altre navigo a vista senza ancora soccombere.
Spero di riuscire a farmi valere anche con i miei ex allievi, così come ottengo ancora il rispetto di quelli che ho acquisito per il primo anno, ma più ancora ho paura che esitazioni, scrupoli, senso di inadeguatezza e disistima di me, il timore di apparire l'uomo ridicolo che sento di essere, riattivino anche nelle nuove classi le situazioni e gli scenari della mia disperazione mentale, che il solito inferno torni a ripetersi.
Non riesco a credere che perdurino le situazioni che mi danno conforto e speranza.
Ritrovo irrealistiche le ore in cui posso fare regolarmente e liberamente lezione.
E' un' altra, la realtà che mi tende il suo agguato- la realtà a cui sono attaccato in tutto il mio essere, l' orrore in cui tutto ciò che sono stato tende a imprigionarmi di nuovo
Per difendermene cerco di essere prepararo in tutto, a tutto.
Innanzitutto occorre che sia pronto sugli argomenti, che abbia sottomano le mappe delle classi, che abbia già presente l'escalation delle punizioni da minacciare, da mettere in atto, qualora serva incutere paura, e occorra rifarsi al Dio degli Eserciti

Ma appeno posso trovare respiro da tali cose da fare, occorre soprattutto che rinvigorisca la mia consapevolezza meditativa.
L'anno scorso nel rispondere ad ogni loro aggressione ed attacco, senza remissione di sorta, trovavo appiglio cristiano nel chiedermi che cosa , anche a tal punto, a tal punto potessi fare per loro, al loro servizo ch'è l'amore che dovevo a loro-nel dirmi che occorreva la pazienza di concedere ancora del tempo, per capire quello che la loro disumanità non comprendeva ancora.
In questi giorni torno a ripetermi inoltre l' invito, ch' è nel mistero del silenzio( 1), a non curarmi della mia immagine, della sua rispettabilità per loro.
A non reagire, giudicandomi come loro mi giudicano quando mi irridono.
Succube e complice della violenza del loro disprezzo in quanto idiota e fallito.
1) secondo il pensiero di Vimala Thakar

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